martedì 18 aprile 2017

BlogTour: Traveller di Alexandra Bracken - Presentazione + prologo



Ciao a tutti 
sono molto felice ti ospitare e di aprire il BlogTour di Traveller.
Principalmente voglio ringraziare la casa editrice, che ha pubblicato a distanza di poco tempo sia il primo che il secondo.
Per invogliarvi a leggere questa meraviglio serie... vi lascio un pezzettino del prologo del secondo libro....




Etta Spencer non sapeva di poter viaggiare nel tempo fino al giorno in cui si è ritrovata a chilometri e secoli di distanza da casa sua. Ora, di nuovo sola, in un luogo e in un tempo a lei sconosciuti, lontana dal ragazzo che ama e derubata dell'unico oggetto che avrebbe potuto proteggere la linea temporale e salvare sua madre, Etta deve fare i conti con una scioccante rivelazione. Una verità in grado di mettere in discussione tutto quello per cui ha combattuto fino ad ora, e che potrebbe cambiare pericolosamente per sempre il suo futuro.  








PROLOGO....
Un tempo, aveva una bambola con un sorriso dipinto sul viso, e capelli e occhi chiari come i suoi. Per un po’, era stata una compagna costante, un’amica con cui prendere il tè quando Alice era in viaggio con il papà, una confidente con cui origliare i segreti bisbigliati dai suoi genitori, qualcuno che la ascoltasse quando nessun altro lo faceva. Si chiamava Zenobia, come la regina guerriera del deserto di cui il nonno le aveva parlato. Ma un giorno, mentre Henry Hemlock la rincorreva in giardino, la bambola era caduta e Rose le aveva pestato il collo, frantumando la fragile porcellana. Quel suono orribile le aveva fatto salire il cuore in gola.

Ora, il suono del collo di sua mamma che si spezzava sotto lo stivale di quell’uomo la fece vomitare.
Un palpito di potere infuocato si sparse nella stanza come un’onda anomala, portando con sé il caos distruttore prodotto dal collasso del passaggio vicino. Rose fu spinta contro la parete dell’armadio. L’aria tremula le fece vibrare le ossa, battere i denti.
Morta.
Rose trattenne il fiato, strizzando forte gli occhi chiusi, sentendo l’urlo disumano di suo padre dall’angolo in cui l’uomo in ombra lo te­neva imprigionato a terra, con una spada conficcata nella spalla. Sapeva di non dover urlare insieme a lui, di non dover tentare di raggiungere la mamma come stava facendo lui. L’armadio nascosto, ricavato nella parete dietro la libreria, l’avrebbe protetta come promesso dal nonno, ma solo se fosse rimasta zitta e ferma. La minuscola crepa tra il fondo della mensola e la cornice era sufficiente a intravedere qualcosa senza farsi scoprire.
Pian piano il pomeriggio era scivolato nella notte. La cena li aspettava in tavola al piano di sotto, quasi intatta… l’unico avvertimento dell’in­trusione era giunto dal ringhio piagnucoloso del cane dei vicini, presto zittito. Il papà aveva avuto appena il tempo di accendere le lampade e il camino dello studio, e la mamma il tempo di nasconderla, prima che dei passi si abbattessero sulle scale. Il calore e bagliore che rimanevano davano l’impressione che l’oscurità nella stanza respirasse.
«Ti ho detto di collaborare.» L’uomo indossava un fine cappotto nero dai bottoni d’argento, su cui era inciso un simbolo che non si vedeva bene. La parte bassa del volto era coperta da una sciarpa sottile, che non mascherava però il tono setoso della voce. «Non deve per forza andare così. Rinuncia alla tua rivendicazione, consegna l’astrolabio a me, e i nostri rapporti si concluderanno qui.»
Vetri rotti e fogli sparpagliati scricchiolavano sotto i suoi stivali men­tre l’uomo camminava intorno alla mamma… alla mamma che era…
No. Il nonno sarebbe tornato presto dalla sua riunione. Le aveva promesso di rimboccarle le coperte, e il nonno manteneva sempre le promesse. Lui avrebbe rimesso tutto a posto. Questo era… era solo un incubo. Era la sua sciocca immaginazione, che sognava tutte quelle storielle sulle ombre che venivano a mangiarsi i figli dei viaggiatori. Sarebbe finito tutto in fretta, e lei si sarebbe svegliata.
«Maledetti mostri, tutti voi!» Il papà tentò di estrarre la spada affer­rando la lama e lasciandovi una scia di sangue. L’uomo che lo sovrastava si appoggiò all’elsa d’oro intagliata, affondandola ancora di più. Il papà sussultò, scalciando l’aria.
La mamma non si mosse.
Rose sentì un urlo acuto e bollente salire in gola. Il fiume di sangue, con il suo odore pungente, aveva inzuppato il tappeto e iniziava ad al­largarsi strisciando verso i capelli chiari della mamma. Il papà tentò di nuovo di alzarsi, afferrando un fermacarte di pietra che era caduto dalla scrivania nel parapiglia iniziale. Lanciando un urlo a pieni polmoni, sca­gliò la pietra verso la testa dell’uomo mascherato. Lui la afferrò al volo e, per tutta risposta, si fece passare un’altra spada sottile dal secondo uomo mascherato di guardia alla porta. Con un grugnito, infilzò il braccio del papà, tenendo fermo anche quello. Al papà sfuggì un urlo di dolore, ma non fu abbastanza forte da coprire la risata dell’uomo mascherato.

Non perdetevi domani l'intervista della scrittrice sul blog CLICCA QUI

Nessun commento:

Posta un commento