Ciao a tutti
per allietare questa giornata
uggiosa, da me piove, vi presento un libro che sicuramente avete atteso.
Quindi bando alle ciance ^___^...
UN
FENOMENO EDITORIALE DA OLTRE 6 MILIONI DI LETTORI
IL SEGUITO
DI NIENTE
DA PERDERE SE NON L'AMORE: LA STORIA TRA ELLIE E JAMIE
CONTINUA...
È stata dura, ma ce l’ha fatta.
Ellie pensa finalmente di essersi gettata alle spalle la sua storia con Jamie.
Il dolore è soltanto un ricordo. Una nuova città, un nuovo ragazzo, una nuova
vita. Ma quando, per un tragico evento, è costretta a tornare a casa, le sue
certezze crollano. È sufficiente uno sguardo di Jamie per riaccendere il suo
cuore di amore e di passione. Il dolore è da sempre l’avversario di Jamie. L’ha
conosciuto per strada, in prigione. L’ha sempre affrontato e sconfitto. Ma non
questa volta. Da quando Ellie se ne è andata, la sofferenza si è impadronita di
lui. Lo lacera, lo tormenta. Per questo, quando la rivede, giura a se stesso
che non la lascerà mai più andare via. La sua vita è con lei. Ma Ellie sarà
capace, in nome di un amore autentico, di far fronte al presente troppo
ingombrante di Jamie? E Jamie potrà aprirsi a un futuro di rinascita assieme
alla ragazza che ha sempre amato?
Casa
Editrice Tre60
Data
Pubblicazione: 7 settembre 2017
Pagine: 320
pagine
Prezzo
E-book: euro 7,99
Prezzo
Cartaceo: euro 16,60
Per
stuzzicarvi ancora di più vi lascio anche il primo capitolo...
Prologo
«È meglio avere amato e perso che
non aver amato mai.» Alfred, Lord Tennyson scrisse questi versi nell’Ottocento.
Secondo me Alfred, Lord Tennyson ha scritto un’idiozia. Forse non ha mai amato;
forse voleva più bene a se stesso che agli altri, perché se avesse amato
un’altra persona al punto di voler sacrificare la vita per lei, non avrebbe mai
scritto una sciocchezza simile. Sono tutte teorie, le mie.
Non sono un professore, non so
nulla di quel tizio all’infuori di quella citazione. Come mai allora, vi
chiederete, non sono d’accordo con ciò che scrive?
Perché una volta mi sono
innamorato. Una volta sola. E l’ho persa, quella ragazza. Darei tutto ciò che
ho per non averla mai amata. No, avere amato e perso non è meglio. Per niente.
Al diavolo l’amore. E al diavolo
Lord Tennyson.
1
Jamie
Il pugno mi colpì alla mandibola.
Forte. Un dolore terribile, istantaneo, a viso e collo. L’impatto fu di una
violenza tale che gli occhi mi uscirono quasi dalle orbite. Voleva farla finita
in fretta. Feci un passo indietro e mi toccai il mento nel punto dove mi aveva
colpito; un sorriso di sfida mi si stampò sulle labbra. Feci una risatina
pulendomi la bocca, e ignorando il sangue che mi macchiava il dorso della mano.
«Bravo. Avanti, ancora» lo
incoraggiai, facendogli cenno di farsi sotto. Non mi preoccupai neppure di
alzare la guardia; sarebbe stato assurdo, visto lo scopo che mi ero prefissato
quella sera.
Il tizio si guardò in giro
spaesato, spiazzato dalla mia mancanza di interesse e di reazione al dolore.
Attorno a
noi, nel grande magazzino
abbandonato dove si svolgevano gli incontri, la folla gridava incitandoci:
qualcuno mi urlava di svegliarmi e di farlo a pezzi, altri esortavano il mio
avversario a distruggermi. Volevano che il combattimento finisse in fretta,
mentre io intendevo farlo durare il più possibile. Il dolore era una
distrazione che mi evitava di dar retta al mio tormento interiore. Ero felice
di pensare a qualcosa d’altro, a qualcosa che non fosse… lei.
«Avanti, amico, non sai fare di
meglio?» lo provocai, spu tando un grumo di sangue. Allargai le braccia,
dandogli un’occasione per attaccare. «Avanti, mostrami di cosa sei capace.»
Mi guardò sospettoso e fece una
smorfia, poi avanzò e mi sferrò un pugno nello stomaco. Restai senza fiato e mi
piegai, cercando di respirare. Lui ne approfittò per colpirmi in faccia con il
ginocchio. Caddi all’indietro, andando a sbattere con violenza sul pavimento di
cemento, e ogni parte del mio scheletro avvertì l’impatto. Il boato della folla
fu assordante. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare, sogghignando. Tutto l’alcol
che avevo ingurgitato quella sera, prima degli incontri, era ancora in circolo,
e aumentava il senso di disorientamento e di insensibilità al dolore; il
mattino dopo, quando gli effetti della bevuta sarebbero scomparsi, sarebbe
stata tutta un’altra storia, invece. «Kid, cosa diavolo stai facendo? Sapevo
che non avrei dovuto lasciarmi convincere! Interrompo il combattimento!» Con
uno sforzo colossale aprii gli occhi e girai la testa, che mi parve
pesantissima, verso Jensen, sul bordo del ring improvvisato. Scosse il capo,
incredulo e inorridito
insieme. Aveva gli occhi socchiusi
e stringeva i denti. Essendo il padrone e l’organizzatore di quel circolo
illegale, avrebbe perso molti soldi se fossi stato sconfitto. E non gli piaceva
affatto che giocassi con lui e mettessi a repentaglio i guadagni che,
francamente, intascava senza spaccarsi troppo la schiena.
«Non provarci neanche. Ho tutto
sotto controllo. Datti una calmata e cerca bene nei pantaloni, per vedere se
trovi un paio di palle. Direi che le hai perse» scherzai. Strascicavo le parole
come un ubriacone, me ne accorgevo da solo. Girandomi faticosamente su un lato,
liberai le braccia e mi rimisi in piedi barcollando.
Con la coda dell’occhio vidi
Jensen estrarre il cellulare e parlottare rapido senza smettere di fissarmi.
«Ci sei quasi? La situazione mi sta sfuggendo di mano. D’accordo, ma tu datti
una mossa!»
Mi accigliai. «Oh, ma certo, fa’
pure la spia, chiama qualcuno che mi faccia da balia!» sbottai. «Sporco spione»
aggiunsi, scoppiando di nuovo a ridere. Approfittando della mia distrazione, o
semplicemente
della propria vigliaccheria, il
mio avversario mi attaccò da dietro, travolgendomi. Entrambi finimmo
catapultati in avanti. Gli spettatori, non volendo ritrovarsi schiacciati o
coperti di sangue, si
sparpagliarono, e andammo a sbattere contro la fiancata del camioncino
parcheggiato all’estremità del ring. L’altro pugile aveva il fiato corto, ma continuava
a tempestarmi di pugni la schiena
e un fianco. Avevo male ovunque, e capii di avere fatto la scelta giusta
andando a combattere, quella sera.
Era un’ottima distrazione.
L’altro mi prese per la spalla e
mi scaraventò all’indietro; mi ritrovai di nuovo per terra, ansimante.
«Kid!» Naturalmente Jensen aveva
chiamato Ray. Era uno dei miei migliori amici, oltre che suo cugino. Resistetti
alla tentazione di rispondergli male. Ray si fece largo tra la folla e si mise
bocconi sul bordo del ring. Lo guardai e gli lessi la preoccupazione negli
occhi castani.
«Come te la passi, amico?»
balbettai, cercando di sorridere, ma dovette uscirmi una smorfia grottesca.
«Cosa combini? Jensen dice che hai
bevuto. Che cosa sta succedendo?» chiese scuotendo il capo. Notai soddisfatto che
non era entrato sul ring né aveva cercato di toccarmi; era contro le regole, e
avrebbe segnato la fine dell’incontro. Prima che potessi rispondere, il mio
avversario mi afferrò la maglietta e mi rimise in piedi con uno strattone.
Continuate a seguire il
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