Riapriamo con il botto, con un
libro che sono sicura vi piacerà...
Diana è una giovane principessa
amazzone e vive su un’isola sperduta, completamente ignara di ciò che accade
nel resto del mondo. Alia è una ragazza newyorkese ricca, orfana di due famosi
biologi. Due mondi agli antipodi, due vite completamente diverse… almeno fino a
quando la nave di Alia naufraga proprio sulle coste amazzoni, e Diana la salva.
Presto sull’isola iniziano a scatenarsi tempeste e terremoti e una strana
febbre si diffonde tra le sue abitanti, spingendo Diana a consultare l’Oracolo.
La sua rivelazione è sconcertante: Alia non è una giovane qualunque, bensì una
Warbringer, ovvero l’erede della stirpe di Elena di Troia destinata a portare
guerra e distruzione. Ucciderla o purificarla, queste sono le uniche
alternative per salvare il pianeta. Prima come improbabili alleate e poi come
amiche, le due ragazze si troveranno costrette loro malgrado a unire le forze e
ad affrontare insieme nemici potenti e persino divinità antiche, nel tentativo
di liberare Alia da questo terribile destino. E con lei il mondo intero.
Vi lascio qualche estratto.
Non
si partecipa a una corsa per perdere.
Sulla
linea di partenza Diana si molleggiava sulle punte dei piedi, i polpacci tesi
come corde di arco, le parole della madre le risuonavano nelle orecchie. Una
folla strepitante si era radunata per assistere agli incontri di lotta e alle
gare di lancio del giavellotto
che
decretavano l’inizio delle Nemesie, i giochi dedicati a Nemesi, ma l’evento che
tutte aspettavano era la corsa. La notizia che la figlia della regina avrebbe
partecipato alla competizione si propagò sugli spalti come un’onda.
Non mi
serve la fortuna, si disse. Io ho un piano. Voltò la testa da una parte e
dall’altra, lanciando un’occhiata alle amazzoni schierate sulla linea di
partenza come guerriere pronte alla battaglia, e si corresse: Be’, un po’ di
fortuna non guasterebbe. Il suo obiettivo era la ghirlanda di alloro, che al
contrario di qualsiasi tiara o corona reale ci si doveva guadagnare, e non si
poteva ricevere per diritto di nascita.
Poi gettò
lo sguardo verso la folla. Scorse la chioma fiammeggiante che incorniciava il
volto lentigginoso di Maeve e sogghignò, ostentando sicurezza. Maeve ricambiò
il sorriso e rivolse i palmi verso il basso, formulando con le labbra una
raccomandazione:
Calma.
Non
si partecipa a una corsa per perdere.
Diana
sincronizzò l’andatura al ritmo di quelle parole; i piedi nudi battevano il
sentiero sterrato che tagliava il Bosco di Cibele per raggiungere la costa
settentrionale dell’isola.
«Non ti
mancano mai le tempeste?» aveva chiesto a Maeve un pomeriggio, mentre si
crogiolavano al sole sulla terrazza del palazzo reale, ascoltando i cupi brontolii
di un temporale lontano. Maeve era morta nella battaglia di Crossbarry; le
ultime parole sulle sue labbra erano state una preghiera a santa Brigida d’Irlanda.
Era nuova dell’isola, almeno per la media delle amazzoni, e veniva da Cork,
dove le tempeste erano frequenti.
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