venerdì 20 febbraio 2015

I ragazzi del ghetto di David Safier

Mira è una ragazzina ebrea piena di coraggio e di amore per la sua famiglia, rinchiusa nel ghetto di Varsavia sotto l'occupazione nazista. Con lei vivono la madre e la sorellina Hannah, che Mira protegge a ogni costo. Per loro, Mira sfida la feroce polizia, esplora la città in cerca di cibo decente, protetta solo dagli occhi verdi che non la fanno sembrare ebrea. Un giorno, però, rischia di essere catturata: a salvarla arriva il destino, nelle vesti di un bel ragazzo biondo che le offre una rosa e la bacia, come fossero fidanzati. Con lui, Mira vivrà i 28 giorni più lunghi della sua vita, la straordinaria resistenza del ghetto di Varsavia contro la barbarie dell'Olocausto.
Listino:€ 17,90
Casa Editrice:Sperling & Kupfer
Data uscita:13/01/2015
Pagine:384




RECENSIONE:

Mira è una ragazzina di 16 anni è diventata una contrabbandiera per sfamare la sua famiglia (o quello che ne rimane) sua madre e la sua adorata sorella. Il padre si è suicidato e il fratello maggiore è diventato un poliziotto (non è una cosa positiva aiuta i tedeschi a cercare gli ebrei).
Una mattina come tante, mentre Mira gira nel mercato dei polacchi (dove lei non potrebbe stare in quanto ebrea) viene fermata dai sorveglianti, uno di loro purtroppo ha intuito che non è polacca, ma bensì ebrea e vuole consegnarla alle autorità per la ricompensa. 
Fortunamente viene in suo soccorso un ragazzo, che dopo averla baciata davanti ai sorveglianti, questi la lasciano libera. 
In seguito scoprirà che si chiama Amos e che è un combattente della resistenza, vuole la libertà, vuole salvare gli ebrei non importa se deve morire, Amos preferisce morire con dignità.
Mira prosegue per la sua strada anche se di tanto in tanto pensa a quel bel ragazzo che l’ha salvata. Ma la vita nel ghetto per lei e la sua famiglia si fa sempre più dura, i rastrellamenti da parte dei tedeschi diventano sempre più folli, il cibo scarseggia finché Mira decide di unirsi alla resistenza, per salvare la sua famiglia e poi per la libertà.
Dire che è un  bel libro sarebbe riduttivo e irrispettoso, è un libro intenso molto, è un libro che fa riflettere. 

Non è il primo (e non sarà neanche l’ultimo) libro che leggo sulla seconda guerra mondiale, l’olocausto, gli ebrei, tutte le volte mi sorgono spontanee delle domande: mi viene da chiedere cosa abbiamo capito della seconda guerra mondiale? La storia cosa ci ha insegnato? Tutte le persone che sono morte, sono morte invano?
Ultimamente guardando il telegiornale la risposta mi fa paura, perché mi fa capire che la storia non ci ha insegnato nulla
Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico. Mira ad un certo punto chiede ad soldato delle SS perché? La risposta del soldato è che lui lo fa per la sua famiglia, per dargli un futuro migliore, per soldi.

Una vita umana quanto vale???

Da piccola quando andavo a dormire da mia nonna, mi ricordo che quando c’era un temporale e dei tuoni, mia nonna non riusciva a dormire, accendeva le luci, era agitata. Una volta le ho chiesto il perché di questa agitazione, in fondo erano solo tuoni. La sua risposta è stata che le ricordavano le bombe che cadevano ed esplodevano. Erano passati 50 anni e mia nonna ancora ricordava il rumore delle bombe, erano trascorsi 50 anni eppure l’hanno segnata per tutta la vita. E mi fa male pensare che una volta morti tutti i nonni, noi giovani non avremo più ricordi, i ricordi nel bene e nel male servono per ricordare a NON DIMENTICARE e perché genocidi così brutti non succedano mai più.
Perché dovete leggere questo libro per rispetto alle persone morte, (per cosa sinceramente ancora non lo so, non lo capisco) quindi leggetelo per rispetto, quel rispetto che al giorno d'oggi purtroppo sta sparendo.

Io come mi sarei comportato? Che cosa sarei disposto a fare per sopravvivere? Che persona voglio essere?



Che cosa diavolo stavano aspettando? Perché non se ne andavo? Era strano. Non era mai un buon segno quando i tedeschi si comportavano in maniera strana. Dopo circa un quarto d’ora si apri nuovamente la porta dell’orfanotrofio. Apparve Korczak. Indossava un’uniforme dell’armata polacca, della quale una volta aveva fatto parte. Teneva per mano due bambini. Alla sinistra un maschio, che stringeva un orsacchiotto, alla destra una femmina con delle trecce bionde molto graziose e in braccio una bambola con una gamba sola. La bambina parlava alla sua bambola, sicuramente per tranquillizzarla e dirle che non doveva avere paura di quello che sarebbe accaduto. Dietro Korczak camminava uno dei ragazzi più grandi, reggeva con entrambe le mani una grande bandiera. Era quella di Re Macius, il personaggio inventato da Korczak. Un lato della bandiera era verde e sull’altro era raffigurata una stella di David su fondo bianco. Mentre le fasce che eravamo obbligati a indossare e che riportavano la stessa stella erano un simbolo di umiliazione, quella bandiera era un simbolo di orgoglio. In qualunque altra situazione i soldati l’avrebbero strappata di mano al ragazzo, ma in quel caso non lo fecero. La dignità che irradiava Korczak incuteva rispetto persino in loro. Un po' alla volta dall’edificio uscirono i duecento bambini, vestiti con i loro abiti migliori. Alcuni portavano in spalla una cartella, come se stessero andando in gita. Korczak evidentemente aveva concordato con i soldati che ai piccoli venisse lasciato il tempo per prepararsi, invece di essere cacciati fuori da uomini urlanti, che li avrebbero spaventati ancora di più. Gli orfani si disposero in fila per quattro stringendolo per mano e seguirono i loro educatori. Korczak camminava in testa, con il bambino che teneva in braccio l’orsacchiotto e la bambina che ancora parlava alla sua bambola e di tanto in tanto le dava un bacino.
I soldati delle SS e i poliziotti ebrei si trattennero. Di solito urlavano alle persone di camminare velocemente verso la piazza di trasbordo e le picchiavano per farle andare più in fretta, o se erano di cattivo umore.
Non fu necessario incitare i bambini. Guidati da Korczak si incamminarono in fila ordinata lungo la strada del ghetto.
La bandiera di Re Macius sventolava lievemente nel vento.
Ripensai alla storia in cui il piccolo re marciava con orgoglio e a testa alta verso il patibolo.
Chissà se anche i bambini stavano pensando a quella storia?
In ogni caso camminavano a testa alta.
E cantavano.

< Seppure la tempesta ci travolge
rimaniamo tutti in piedi.>>

Alcuni poliziotti ebrei iniziarono a piangere.

Piansi anch’io.




Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPicImage and video hosting by TinyPicImage and video hosting by TinyPic  Image and video hosting by TinyPic

Nessun commento:

Posta un commento