Dal 29 gennaio in libreria
L'ALTRA SETE
di Alice Torriani
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In un romanzo corale che ritrae l’apatica frenesia
di una generazione, Alice Torriani inventa un alfabeto
poetico e originalissimo per raccontare di sé,
della sua malattia, dei malesseri del nostro tempo
in una storia a stazioni che sa commuovere e divertire.
“Siamo
dietro gli angoli, nei nascondigli, come camaleonti tentiamo di
acquistare il colore della normalità, siamo i bersagli al poligono di
tiro dove noi stessi ci foriamo.”
Si
chiama Alice e ha 27 anni. L’hanno sistemata in una clinica che ha il
nome rassicurante di una Casa, ma non sa dire da quanto sia lì. Ha una
voglia disperata di Luca. Luca che odora di buono, che la tiene per i
fianchi e le sorride. Sono gli occhi glaciali di sua madre gli unici che
ha addosso. Insieme a quelli inquisitori del terapeuta, che non smette
di fare domande. Perché il diabete, ripetono i medici, non è una malattia, è una Condizione.
Bisogna imparare ad avvertire i tremori, i formicolii alla lingua e
sulle gambe, ed essere pronti a bucare, caricare la piccola penna nera
della glicemia come fosse una pistola e sparare. Alice non sa come sia
possibile, alla sua età, abituarsi all’idea di non produrre abbastanza
insulina, perché prima di ogni cosa deve fare i conti con l’assenza di
Luca per capire come convivere con una mancanza che è, inevitabilmente, una dipendenza.
In un romanzo a stazioni che ritrae l’apatica frenesia di una
generazione che ha già chiuso i sogni in un cassetto, Alice Torriani
inventa un alfabeto poetico e originalissimo per raccontare di perdite e
riabilitazioni. Con una scrittura cangiante, che prende colore a ogni
cambio di voce, L’altra sete è una storia che parla di noi,
dell’amore che brucia, e di tutti quei demoni del nostro Tempo che si
agitano dentro, e che a volte fanno più paura di una malattia.
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L’odore
di disinfettante mi percuote la testa. Nel reparto c’è un silenzio
irreale. E’ molto presto. Sono le sette. Forse. Forse no.
Guardo l’infermiera: ha un viso ottocentesco e picassiano insieme.
Improvvisamente la vedo in uno spettacolo di burlesque, in guêpière, un
reggicalze che dondola sulla coscia sinistra, il bocchino nero tra le
labbra. Lo allunga verso di me, mi accorgo che è una siringa:
l’infermiera mi sta mostrando due boccette di vetro con dentro un
liquido trasparente.
- Questa è l’insulina lenta e devi farla alle otto tutte le sere, sempre alla stessa ora -
Insulina lenta, tutte le sere, la stessa ora: le parole mi grattano via
la lucidità, è come se qualcuno avesse improvvisamente abbassato il
volume della vita.
Più basso, più basso, più basso... Mi viene da dormire.
- Questa invece è l’insulina rapida, devi farla ogni volta che mangi, cinque minuti prima... Mi stai ascoltando? -
Più basso, più basso... Perché questo malriuscito prodotto dell’arte
non la smette di parlare e torna a fare i suoi spettacolini erotici?
L’infermiera aspira dalle boccette il liquido - Dieci unità di lenta e
cinque di rapida… Devi controllare che non si formino bollicine e... -
solleva la mia maglietta e avvicina l’ago della siringa alla pancia
nuda.
- Che cazzo fai? -
In un attimo sono già sgattaiolata fuori dal controllo di me stessa. La
siringa è per terra. Guardo la mia mano, mi sono bucata. Guardo
l’infermierina: ha gli occhi di chi ama compatire così può sentirsi più
fortunata. E impeccabile, e perfetta.
- Non puoi continuare così, il dottor Assari dice che se in una settimana non avrai imparato a farti le punture da sola... -
Mi viene da vomitare, ma vomiterei solo quest’arido senso di nulla che
ho incorporato al cuore. Mi chiedo che colore ha la tristezza, che forma
avrebbe il conato di un malessere inestinguibile.
Mi alzo ed esco dalla stanza, lascio la mia infermierina a concludere la
sua frase da sola, la sua radio accesa, nessuno ad ascoltarla.
Torno a letto: queste lenzuola sono l’unico posto in cui mi sento
protetta, nonostante l’odore vago di detersivo, il tessuto ruvido, le
coperte marroni dense dei passaggi precedenti. Ho una stanza da sola,
ringrazio il borghese senso della dignità di mia madre…
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Collana: Fandango Libri
pp.240 euro - Data di uscita: 29 gennaio 2015
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Alice Torriani nasce
nel 1984 a Milano. Si diploma all’Accademia d’Arte Drammatica Paolo
Grassi di Milano, il primo debutto è a teatro con Massimo Castri ne Le tre Sorelle, seguito da Memorie dal Sottosuolo di
Gabriele Lavia. Gira l’Europa con il regista lettone Alvis Hermanis,
nel 2014 è diretta da Carmelo Rifici, è al fianco di Franca Valeri
nell’ultimo testo per teatro scritto dall’attrice, e lavora con Romeo
Castellucci in The Four Season Restaurant. Collabora con
giovani registi teatrali come Industria Indipendente, Tea della Valle e
Antonio Mingarelli. Al cinema è stata diretta da Lucio Pellegrini, Alina
Marazzi, Valerio Mieli, Claudio Noce e Marco Maccaferri, il cui ultimo
film, Il Buco è in uscita in primavera 2015. In tv ha preso parte a diverse serie tv, le ultime Il Commissario Montalbano, Le mani dentro la città e Una grande famiglia 3.
Continua la formazione con Luca Ronconi, Antonio Latella, Danio
Manfredini, Margie Haber a Los Angeles e con Jordan Bayne a New York.
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